Pietra tombale sulla copertura per l’Arena

24.10.18        arena

ARENA CON CAPPELLO

 

No definitivo al piano lanciato dall’amministrazione Tosi

 

Articolo di Enrico Giardini

La Giunta decide di non fare ricorso contro il parere negativo della Soprintendenza. Il concorso di idee era stato finanziato dal Gruppo Calzedonia

 

Pollice verso. «Pietra tombale» sul progetto di copertura dell’Arena. L’espressione è dello stesso sindaco Federico Sboarina, all’uscita della Giunta. La quale ha deciso di non opporsi al definitivo parere negativo espresso il 17 settembre scorso dal soprintendente archeologico Fabrizio Magani, rispondendo a quello richiestogli il 7 aprile 2016 dall’allora Amministrazione Tosi.«Non ricorreremo al Tar contro il parere, sia per principio sia per una questione di carattere tecnico, perché siamo anche noi convinti che l’Arena non vada coperta», spiega Sboarina. Confermando che la sua Amministrazione non aveva alcuna intenzione, anche ce ne fossero state le condizioni e cioè il via libera del ministero e della Soprintendenza, di dare seguito al piano dell’Amministrazione Tosi. Nel marzo 2016, lo ricordiamo, Palazzo Barbieri promosse un concorso internazionale di idee sulla copertura dell’anfiteatro romano. Ciò non tanto e solo con l’obiettivo di riparare dalla pioggia gli spettatori di opere liriche e concerti – e quindi per evitare sospensioni o annullamenti di spettacoli – ma quanto per evitare che la pioggia, infiltrandosi nei gradoni e nella struttura, rovini il bimillenario monumento e gli impianti tecnologici.A finanziare con centomila euro il concorso di idee fu il Gruppo Calzedonia, dell’imprenditore Sandro Veronesi. L’iniziativa – a cui lavorò in modo particolare l’allora consigliere comunale Gianluca Fantoni, da metà anni ’90 in pista su questo fronte – ebbe peraltro un grande successo. Parteciparono 87 studi di architettura e ingegneria, di numerosi Paesi. Vinse il raggruppamento tedesco guidato dalla GmbH, studio di progettazione di Würzburg, che ideò un «velario tecnologico». Lo stesso Veronesi, di Calzedonia, diede la disponibilità a finanziare la costruzione, con 13 milioni e mezzo.Tutto questo però resterà negli annali della città come un sogno, solo in parte realizzatosi con la formulazione di idee progettuali. Del resto il pre-parere di Magani giunto nel giugno scorso in Comune – in ogni caso il sindaco Sboarina aveva già archiviato il progetto – era già chiarissimo, sulla copertura dell’Arena. Da lui definita «una presenza stridente nel pregevole contesto circostante» e «in contrasto con i valori archeologici, paesaggistici, storici e culturali che identificano l’Arena di Verona come monumento identitario d’epoca romana». E sulla soluzione prospettata dal vincitore del concorso, Magani scrisse che «non tratta esaustivamente le problematiche relative all’aggancio della struttura sulla muratura di coronamento dell’anfiteatro». Insomma, la pietra tombale sull’idea fantonian-tosiana di coprire l’Arena cominciò a rotolare a giugno. E ora si è fermata. Sul «No». Intanto, lunedì via ai lavori di conservazione dell’Arena finanziati con 14 milioni, tramite l’Art Bonus, da Unicredit e Fondazione Cariverona.

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Arena sotto controllo, 40 sensori di vedetta. «Restauro tra tre mesi»

18.8.18    arena

ARENA

 

Preoccupazione per l’ala, consolidata da Morandi. Zanotto rassicura: «Mai emerse criticità strutturali»

Articolo di Giacomo Costa

VERONA «L’Arena è il gioiello della città, ed è quindi in cima alle nostre priorità. È monitorata costantemente e a novembre sarà avviato anche il cantiere di ristrutturazione». Il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici di Verona, Luca Zanotto, non ha tentennamenti e ai timori sullo stato di salute dell’anfiteatro romano risponde con una rassicurazione che è anche una dichiarazione d’intenti.

Le preoccupazioni per il monumento sono nate all’indomani della tragedia di Genova, non appena il nome dell’ingegner Riccardo Morandi, responsabile del progetto del colossale viadotto ligure, è stato associato alla città scaligera: fu sempre lui, nel 1954, a dirigere i lavori di consolidamento dell’«ala» dell’Arena, l’ultimo elemento sopravvissuto di quello che in antichità fu l’anello esterno dell’anfiteatro. Le paure per la tenuta dell’ala, nei giorni scorsi, avevano spinto Zanotto a chiedere conto al conservatore del monumento, l’ingegnere Sergio Menon. Ieri, come previsto, è arrivata la risposta ufficiale dei tecnici comunali, che hanno spiegato nel dettaglio il complesso sistema di controllo che da anni vigila sui marmi secolari.

In tutta l’Arena insistono 16 sensori di accelerazione, 20 di spostamento e quattro deputati al controllo della temperatura e dell’umidità; tutti connessi sia via cavo che in wireless a più centraline. La rete di monitoraggio, osservata dagli specialisti dell’università di Padova grazie ad una specifica convenzione, ha permesso di registrare tutte le oscillazioni che hanno fatto «ballare» l’anfiteatro, sia in occasione di fenomeni sismici particolarmente forti – come nel gennaio del 2012 – sia durante l’uso di spalti e palcoscenico, in particolare durante gli spettacoli di extra lirica. La strumentazione è concepita in maniera da controllare la tendenza degli elementi strutturali a deformarsi, con particolare attenzione per danneggiamenti e fessurazioni; non vengono trascurate neppure le conseguenze a lungo termine dei fenomeni atmosferici, dalla pioggia al ciclo stagionale. Fino ad oggi, però, in nessun caso è scattato l’allarme e non sono mai state segnalate criticità.

L’intervento di rinforzo dell’ala invece aveva rafforzato la struttura dall’interno, incuneando in ciascun pilastro un‘armatura di acciaio armonico ad alta prestazione. L’armatura è stata poi posta in tensione con martinetti idraulici e nel 1996 un’indagine con un’altra serie di martinetti piatti ha accertato come tutto si fosse mantenuto in equilibrio. Nel 2010-2011 l’indagine era stata ripetuta, sempre con esito positivo, ed era stata portata a termine una modellazione numerica dell’ala attraverso un software per comparare dati teorici a dati sperimentali.

«In cinque anni è prevista la manutenzione straordinaria con la sigillatura dei gradoni, un nuovo impianto elettrico, nuovi servizi igienici e un adeguamento degli spazi interni – spiega Zanotto -. Il cantiere sarà aperto ogni anno solo tra novembre e marzo. La sfida sarà quella di gestire i lavori nei mesi invernali per consentire la funzionalità dell’Arena durante la stagione estiva».

14 milioni di euro per la salute dell’Arena

5.12.17                               Risultati immagini per TG VERONA LOGO

 

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Ci sono voluti tre anni, ma ora il mega-piano di interventi per la salvaguardia dell’Arena è al via. Sul piatto ci sono 14 milioni di euro (7 in arrivo dall’Unicredit e altri 7 dalla Fondazione Cariverona) messi a disposizione grazie allo strumento dell’Art Bonus, che garantisce notevoli vantaggi fiscali (detrazioni fino al 65 per cento) ai privati che investono nel restauro dei monumenti.
Il progetto definitivo è stato presentato a Palazzo Barbieri dall’assessore ai Lavori Pubblici Luca Zanotto e dal “Conservatore dell’Arena”, ingegner Sergio Menon.
Al primo punto del progetto la sigillatura dei gradoni, per difenderli dalle pericolosissime infiltrazioni d’acqua piovana, la “nemica” peggiore per il nostro monumento-simbolo. Una parte della sigillatura è stata peraltro effettuata di recente e su di essa, ovviamente, non sarò necessario tornare.
Secondo intervento di rilievo, il rifacimento degli impianto elettrici e dell’impianto elettrico di illuminazione scenografico esterno all’anfiteatro. Toccherà poi al rifacimento dei servizi igienici, al riordino degli spazi dati in uso alla Fondazione lirica, necessari per l’organizzazione degli spettacoli. Previsto anche un restauro conservativo della galleria e di parte degli arcovoli.
Infine, attenzione, si provvederà alla “riqualificazione museale”, tema di cui si è molto discusso anche negli ultimi mesi: verranno cioè offerte diverse modalità di usare e visitare il monumento sia durante il periodo estivo, nei mesi cioè in cui si tiene il Festival operistico e la stagione dei concerti extra lirica, sia nel periodo invernale, quando l’Arena è interamente vistabile in tutti i suoi spazi principali, compresa la galleria mediana.
I lavori inizieranno nel novembre dell’anno prossimo e dureranno quattro anni: sarà possibile, infatti, lavorare soltanto cinque mei l’anno (da novembre a marzo) per non interferire con la stagione lirica e musicale. L’incarico del progetto è affidato al Modena Engineering Studio. Intanto c’è subito una buona notizia uno dei primi esami ha dimostrato, con tanto di certificazione ufficiale, che l’anfiteatro è “sismo-resistente” è in grado, cioè, di resistere ai terremoti, il che la dice lunga su come lavorassero gli architetti dell’antica Roma.
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Arena e norme antincendio Anfiteatro non in regola, ma grazie a un decreto sono autorizzati gli spettacoli

a

3.8.17                                                  Logo-Corriere-del-Veneto-

 

Davvero incredibile! Non solo si scopre che da chissà quanto tempo l’Arena, l’anfiteatro più grande d’Eutopa che ospita decine e decine di migliaia di persone al suo interno, non rispetta le normative antincendio, ma si mette una toppa peggio del buco evitando di sanare, e reiterando l’illegalità attraverso il decreto ministeriale milleproroghe anno dopo anno!

Qui sotto il documento dei Vigili del Fuoco riportato nell’articolo del Corriere del Veneto

icona_pdf  PARERE VV.F. ARENA                  (Movimentandoci a Verona)

 

Vie di fuga e scenografie sono i problemi rispetto alla legge del 2011 La proroga scade a ottobre. Tempi lunghi per la messa in sicurezza

 

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Foto inserita dalla redazione del blog

 

VERONA Le «grane» sono emerse con il concorso per la copertura dell’anfiteatro, ipotesi finita in cantina con il cambio di amministrazione comunale. Ma, anche senza «cappello», i problemi dell’Arena restano. Lo si può leggere chiaro e tondo in una nota del 2016 del comando provinciale dei Vigili del Fuoco, pubblicata sul sito internet del Comune assieme al bando per l’opera. Un documento datato? Solo dal punto di vista strettamente legale, dal momento che l’obbligo è stato prorogato di anno in anno.
Andiamo per ordine: prima di preparare il bando, la Fondazione Arena ha presentato una relazione tecnica per la prevenzione antincendi, firmata dall’ufficio del conservatore, a capo del quale c’è l’ingegner Sergio Menon, e dal professionista antincendi, l’ingegner Gianfranco Sforni. Si tratta di un documento obbligatorio per la messa a norma dell’anfiteatro, come luogo di spettacoli pubblici ai sensi della legge 151 del 2011. Peccato che questo documento sia stato bocciato – con un parere negativo – dagli esperti del comando dei vigili del fuoco.
Il piano della Fondazione descrive le modalità di accesso del pubblico, i presidi antincendio (con estintori), le misure d’evacuazione in caso di emergenza, la mappa dei depositi per il materiale tecnico, la mappa degli impianti elettrici. Tutto a posto? Pare proprio di no. Tra i rilevi mossi dai vigli del fuoco ci sono alcune carenze. In primo luogo non sono riportate, come richiesto dalla legge, le misure delle larghezze dei vomitori, delle vie d’esodo e delle uscite di sicurezza.
Un altro problema è posto dalle scenografie posizionate all’esterno dell’Arena, una vera e propria attrazione per molti turisti, ma mai criticate, soprattutto dagli esercenti che lavorano sul Liston, come quest’anno. Notano i vigili del fuoco: «Non sono riportate la destinazione e l’occupazione degli spazi esterni a deposito scenografie nel vallo dell’arena lato piazza Bra. Non risultano altresì indicati gli spazi che consentono i pubblico l’allontanamento dall’Anfiteatro», naturalmente una volta che la folla arriva all’esterno del monumento. Il fatto che le scenografie possano costituire in qualche modo un intralcio nelle vie di fuga è confermato poche righe dopo: «Nella relazione tecnica – si legge – viene prevista la presenza, nell’ambulacro esterno lato palcoscenico, di pannelli e materiali scenografici non ammessi lungo i percorsi d’esodo».
L’ultima criticità riguarda sempre i corridoi per le emergenze: nella relazione non c’è evidenza che assicuri un requisito fondamentale: la larghezza mai inferiore a sessanta centimetri nelle zone di passaggio.
Una caratteristica, questa, non scontata in un edificio con venti secoli sulle spalle. Il parere del comando (reca la firma del funzionario istruttore Lorenzo Gambino e del comandante provinciale Michele De Vincentis) è tuttora valido? Di fatto sì, dato che non sono state rese pubbliche ulteriori relazioni da parte del Comune e della Fondazione Arena. Ma questo non significa che, dal punto di vista legale, l’Arena non sia a norma. «Per quanto ci riguarda – precisa il comandante De Vincentis – l’anfiteatro rientra tra quelle che vengono definite “new entry”, ossia nuovi edifici da monitorare ai sensi del dpr del 2011. Originariamente la legge aveva previsto tre anni per l’adeguamento, ma questa scadenza è stata prorogata di anno in anno con il decreto milleprororghe. La prossima scadenza è il 7 ottobre. Se c’è dal lavoro da fare? Certamente: anche se non si può parlare di interventi invasivi, si tratta comunque di qualcosa di impegnativo, come lo spostamento dei quadri elettrici».
Ultima nota sulle scenografie, in questi giorni di caldo eccezionale: per scongiurare il rischio incendi il comando ha disposto, per tutta la stagione lirica, la presenza fissa in Bra di due vigili del fuoco.
Davide Orsato

 

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Fondazione Arena off-limits per i consiglieri comunali Il Consiglio di Stato respinge un ricorso del M5S sull’accesso agli atti

Domenica 30.07. 2017

30.7.17                                               Logo-Corriere-del-Veneto-

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RASSEGNE STAMPA, DOCUMENTI E MATERIALI INERENTI L’ARENA E LA FONDAZIONE ARENA 

 

 

VERONA «La Fondazione Arena di Verona non può essere qualificata come ente dipendente del Comune di Verona». Il Consiglio di Stato mette così la parola fine ad una vicenda che si trascina da oltre due anni, da quando l’allora consigliere comunale del Movimento Cinque Stelle Gianni Benciolini si vide rifiutare un corposo accesso agli atti per ottenere documenti interni della fondazione lirica. Benciolini aveva fatto ricorso al Tar del Veneto e l’aveva perso. Aveva denunciato Flavio Tosi e altri alla procura per omissione d’atti d’ufficio, ma era stata chiesta l’archiviazione. Non gli rimaneva che attendere il pronunciamento del tribunale d’appello della magistratura amministrativa, il Consiglio di Stato appunto, che ha però anch’esso respinto il suo ricorso, condannandolo anche a pagare 2 mila euro di spese legali.
A questo punto è evidente che il pronunciamento fa in qualche modo giurisprudenza e diventa dirimente per quei consiglieri comunali che, in futuro, vorranno occuparsi delle questioni della Fondazione Arena. Il Consiglio di Stato elenca una serie di ragioni per cui questa non possa considerarsi «dipendente» dal Comune e quindi per cui i consiglieri comunali non sono titolati ad esercitare la loro funzione di controllo con gli accessi agli atti.
Prima di tutto, la fondazione è sì partecipata dal Comune di Verona, ma anche da altri enti, quali Regione Veneto e Stato. Lo stesso statuto, poi, approvato dal ministero dei Beni culturali, qualifica chiaramente la fondazione come «ente di prioritario interesse nazionale». Insomma, sottolineano i giudici romani, la fondazione «svolge un servizio di carattere nazionale, non già meramente locale, e fa parte, proprio in ragione delle finalità perseguite, dei soggetti lirici e concertistici di rilevante interesse nazionale». Il Comune di Verona si trova in minoranza anche nel consiglio di indirizzo, l’organo deliberativo della Fondazione: è vero che esprime il presidente ma, con lui, c’è solo un altro consigliere su una composizione totale che può variare da cinque a sette. Palazzo Barbieri non è quindi nella posizione di «etero-determinare (o comunque controllare) le deliberazioni dell’organo di indirizzo». Se ciò non bastasse, resta il fatto che «l’unico organo di gestione della Fondazione è il sovrintendente», che viene nominato dal ministro ai Beni culturali «su proposta del consiglio di indirizzo» (anche se, va detto, è il sindaco in quanto presidente di diritto della Fondazione a proporre il nome).
Proprio le recenti vicende della Fondazione dimostrano, per altro, quanto il Comune di Verona sia costretto nel ruolo di spettatore. Il consiglio di indirizzo è tutt’oggi commissariato nella persona di Carlo Fuortes, nominato direttamente dal ministro Franceschini. E il sovrintendente attuale, Silvano Polo, l’ha scelto Fuortes. La fine del commissariamento è attesa dopo la fine della stagione estiva.
Alessio Corazza

 

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RIQUALIFICAZIONE. Il neosindaco punta a lla gestione pubblica, nel segno della discontinuità dall’amministrazione Tosi

2.7.17                                                          L'immagine può contenere: cielo e spazio all'aperto

Articolo di Enrico Giardini               arena

Arsenale, stop di Sboarina. Il progetto è «congelato»

«Non daremo ulteriore corso alla procedura di gara, almeno fino alla decisione del Tar » C’è l’incognita della penale. Intanto è stato chiuso un bando per alcuni lavori urgenti

Futuro dell’Arsenale: Sboarina si smarca da Tosi. Il nuovo sindaco, alla guida di una coalizione di centrodestra civica-partitica, “congela” la procedura di gara di project financing indetta dal Comune per la riconversione e gestione del complesso, di proprietà del Comune. E ipotizza interventi urgenti di restauro.La scadenza per presentare proposte sarebbe il 20 luglio, alle ore 13 (era il 20 giugno, ma il giorno prima è stata prorogata di un mese). Ma nel frattempo, come sottolinea Sboarina, il Tar, Tribunale amministrativo regionale, nell’udienza del 29 giugno scorso, giovedì, ha disposto il rinvio della discussione al 13 settembre per analizzare il ricorso presentato dal Comitato Arsenale, guidato da Italo Monaco, contro la Variante urbanistica necessaria per l’Arsenale.«In seguito a questo pronunciamento e per prudenza amministrativa», fa sapere lo stesso sindaco, «venerdì ho deciso di comunicare ai nostri uffici di non dare ulteriore corso alla procedura di gara. La continuazione della stessa è legata all’esito del giudizio, come spiega l’avviso già pubblicato sul sito del Comune».Tra l’altro al momento non è stata presentata alcuna offerta, come evidenzia lo stesso Sboarina. Il quale dunque rimarca «la discontinuità» rispetto all’Amministrazione comunale precedente, Tosi bis, «che sicuramente avrebbe proseguito l’iter fino alla scadenza della gara, salvo poi dover attendere la sentenza del Tar. Noi invece no, sospendiamo tutto». E «la nostra valutazione non è stata solo tecnica, ma anche politica, perché la linea della mia Amministrazione è di mantenere il controllo pubblico nella gestione dell’Arsenale». In questo Sboarina dà seguito a quanto dichiarato durante la campagna elettorale, in più occasioni ma in particolare in una conferenza stampa da lui tenuta proprio nella corte centrale dell’ex complesso militare asburgico.L’ULTIMA proposta progettuale presentata per la riqualificazione e gestione del compendio, con la prospettiva di partecipare al bando di project, è quella di Italiana Costruzioni, che prevede la ristrutturazione e riconversione del sito attribuendo ai vari spazi funzioni commerciali, museali, culturali, ristoranti, bar, una scuola, un parco, e la corte centrale coperta. Un piano da 45 milioni, di cui 14,5 finanziati dal Comune e 30 dai privati stessi che vinceranno la gara, per una concessione di 50 anni ai gestori privati, a cui il Comune dovrebbe corrispondere, per pagare affitti di spazi che occuperebbe, altri 19 milioni. In pratica Palazzo Barbieri dovrebbe spendere quasi 35 milioni.Sboarina però intende invertire la rotta. «Ci muoviamo con prudenza e intanto valutiamo quanto dovremmo pagare di penale nel caso decidessimo di rinunciare al project. Nel frattempo è già concluso un bando per una prima tranche di 400mila euro per lavori urgenti e poi decideremo sull’utilizzo dei 14,5 milioni destinati alla messa in sicurezza. Cercheremo di recuperare il tanto tempo che si è perso finora». Tra le piste da esplorare «c’è la possibile vendita di partecipazioni non strategiche del Comune, che potrebbe generare risorse da impiegare per sistemare gli edifici».

 

E Bertucco ora approva              arena

«Bene intervenire subito, e tutto resti pubblico»

L’Arsenale della discordia sta diventando l’Arsenale di “larghe intese”? La risposta, per essere un «Sì» pieno, necessita di qualche elemento in più, certo. Ma è un fatto che Michele Bertucco, consigliere comunale di Verona e Sinistra in Comune, già candidato sindaco, plaude a quanto ha annunciato di voler fare il sindaco di centrodestra Federico Sboarina sull’ex complesso militare asburgico.«Bene gli interventi sull’Arsenale, folle aver atteso tutti questi anni», spiega Bertucco, commentando quanto dichiarato da Sboarina (altro articolo). «Bene ha fatto il sindaco Sboarina a mettere mano ai fondi comunali già disponibili per avviare gli interventi urgenti sull’ex Arsenale asburgico. È quanto chiediamo da tempo alla luce della situazione disastrosa della struttura certificata dalle relazioni dei dirigenti comunali, dai solleciti della Soprintendenza e dagli esposti del Comitato dei cittadini».Secondo il consigliere di minoranza, «la decisione della nuova amministrazione dà merito anche al lavoro svolto in Consiglio comunale nei mesi e negli anni precedenti per contrastare il project financing promosso dall’Amministrazione Tosi che avrebbe snaturato irrimediabilmente il monumento». Secondo Bertucco, dunque, «l’aver lasciato deperire l’Arsenale fino a portarlo a un passo dal collasso, pur avendo in cassa fondi immediatamente disponibili, ha rappresentato da parte della precedente amministrazione un delitto contro la cultura, la civiltà e il buon senso. Ora verificheremo in che modo la nuova giunta vorrà rispettare l’impegno di mantenere pubblico l’Arsenale», puntualizza l’esponente della sinistra e del mondo civico, in passato a lungo presidente di Legambiente Verona e poi Veneto.«Il fatto che sia già stato pubblicato sul sito del Comune l’avviso di sospensione della gara di project financing fino al 13 settembre è un buon punto di partenza in quanto permetterà di approntare la necessaria progettazione che finora è mancata», fa sapere ancora il consigliere.«Ed è scandaloso che dopo anni di discussione su progetti altrui il Comune di Verona non abbia mai sviluppato una propria idea sul recupero di una delle principali testimonianze storico-architettoniche lasciateci in eredità dalla storia. Lascia infine perplessi», conclude Bertucco, «che nulla sia stato detto a proposito della contaminazione dei terreni che potrebbe rappresentare un rischio per i cittadini che nel frattempo continuano a frequentare l’Arsenale».E.G.©

Sboarina, sull’Arena si parrà la tua “discontinuitade” da Tosi

29.6.17                                     logo_vvox_small

 

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RASSEGNE STAMPA, DOCUMENI E MATERIALI CORRELATI

Articolo di Cesare Galla

Il neo-sindaco di centrodestra potrebbe cominciare facendo tornare in giunta un assessore alla cultura. Possibilmente autorevole

 

Nella notte del trionfale ballottaggio, la prima dichiarazione di Federico Sboarina da nuovo sindaco di Verona è stata la conferma della sua assoluta contrarietà a coprire l’Arena. Del resto, negli ultimi mesi soleva dire che i grandi amori della sua vita sono due, sua moglie e Verona. Strategia elettorale da uomo di destra, va da sé: patria e famiglia. Ma è pur vero che poche cose (forse solo la squadra di calcio dell’Hellas) hanno un tasso di veronesità “in purezza” come l’anfiteatro romano. Ora, il risultato elettorale dice anche, fra mille altre cose, che la linea del “non si tocca nulla” in questo campo ha funzionato.

Le elezioni sono state vinte dal candidato che per tutta la campagna elettorale, su Arena e Fondazione, si è collocato più lontano da Flavio Tosi. Mentre il sindaco uscente abbracciava definitivamente l’ipotesi della “gestione manageriale privata”, Sboarina affermava la sua fede nello “status quo” giuridico, cioè una Fondazione di diritto privato con una presenza determinante del pubblico. Mentre Tosi dava il via libera al concorso di idee targato Calzedonia per la copertura dell’Arena e si dichiarava pronto a sostenere l’idea ovunque e comunque, il suo avversario chiudeva orrificato la porta a ogni ipotesi concreta. Alla faccia delle mostre con i modellini e dell’asserita disponibilità del patron di Calzedonia, Sandro Veronesi, di finanziare anche la realizzazione dell’opera, costo stimato una decina di milioni.

Ma se la questione della copertura ha sempre avuto un che di astratto e velleitario, la crisi della Fondazione Arena è invece una realtà molto complessa e delicata, nonostante le sempre più frequenti dichiarazioni di fiducia e ottimismo. L’equilibrio nei conti, come appare nel bilancio 2016 appena reso noto, è infatti fragile perché appena riconquistato, mentre il riordino dell’intero settore – il cosiddetto Codice dello Spettacolo in discussione al Senato – riserva ogni giorno qualche novità, anche se forse ha un aspetto meno critico (in negativo) di quello che aveva qualche mese fa, quando sembrava che la maggioranza delle Fondazioni liriche fosse destinata al declassamento e al taglio dei contributi.

Su questo terreno, l’agenda del nuovo sindaco è comunque praticamente obbligata. La voce principale non è lo stop ai piani di privatizzazione, che almeno per ora è già nei fatti, ma la ricostituzione della governance della Fondazione, che sarebbe il segnale definitivo che l’emergenza è finita. Su questo tema si valuteranno – oltre le affermazioni di principio – la sottigliezza politica e la qualità nella progettazione culturale che Sboarina riuscirà a esprimere. L’una e l’altra sono le condizioni preliminari per un rilancio che potrebbe avere una inedita figura chiave nell’assessore alla cultura. A Verona il ruolo non esiste da anni: ora potrebbe diventare quello di un utile “ufficiale di collegamento” tra Comune e Fondazione. Tanto più efficace quanto più autorevole.

Con la crisi ormai alle spalle, presto sarà tempo di salutare il commissario straordinario e di ricostituire il Consiglio di Indirizzo, rigenerando il rapporto fra la città, le categorie economiche e la sua maggiore impresa culturale e turistica. E subito dopo di individuare la figura del nuovo sovrintendente, nomina che spetta formalmente al ministro ma nella quale il ruolo del sindaco è ovviamente fondamentale.

Polo si è già candidato al proseguimento e Sboarina ha avuto nei suoi confronti parole di rispetto e di stima. C’è da augurarsi però che non si vogliano bruciare i tempi. Si tratta di aspettare due mesi e mezzo, fino a quando non si avrà il bilancio del 95° festival areniano, iniziato nei giorni scorsi. A settembre, dovesse risalire il numero degli spettatori, dovessero essere buoni gli incassi, dovesse essere positivo il riscontro artistico, l’attuale sovrintendente si troverebbe in pole position per la riconferma. Soprattutto se nel frattempo si fosse aperto l’ombrello protettivo della legge Bray, che permette di ristrutturare il debito.

A quel punto, si potrebbe anche riaprire la discussione sulla convivenza in Arena di lirica e rock-pop, e sulla proposta dello stesso Polo, che vorrebbe affidata alla gestione della Fondazione qualsiasi attività nell’anfiteatro. Dopo quasi un decennio di resistenti opacità targate Arena Extra, su questo tema Sboarina potrebbe realizzare la prima vera discontinuità rispetto all’era Tosi. Ad autunno si capirà se ci saranno le condizioni generali, se avrà la forza e se troverà i modi per farlo.

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L’Arena dopo le lacrime e il sangue cerca il segreto per rendere pop l’opera

L’Arena dopo le lacrime e il sangue cerca il segreto per rendere pop l

24.6.17                                          LA STAMPA

 

La scenografia del «Nabucco», che riproduce l’interno della Scala nel 1848

Aria nuova a Verona, dove “Nabucco” ha aperto la stagione post-crisi (e tagli)

0 Articolo di Alberto Mattioli 24.6.17 0

 

C’è tutto. Le amate pietre cotte dal sole con sopra i tedeschi rosolati a puntino. I moccoletti che si accendono sulle gradinate infinite. Il cielo stellato sopra di noi e Verdi dentro di noi. Daniel Oren che fa i salti sul podio. Lo spritz prima, dopo e, talvolta, anche durante l’opera. La solita compagnia «made in Est», perché ormai pare che gli unici cantanti con un po’ di volume vengano da lì. Ed è subito Arena.

E tuttavia ieri non è stata la solita inaugurazione, e non solo per le evidenti misure di sicurezza, con – addirittura – barriere anti sfondamento come a Nizza. Il regista Arnaud Bernard ha piazzato Nabucco nel Risorgimento, con un’Abigaille vestita da ussara con tutti gli alamari e lui da Francesco Giuseppe con basettoni. Si contendono il regio scettro dentro una Scala centrata dalle cannonate perché intorno impazzano le Cinque giornate: 480 persone in scena, barricate, «Va’ pensiero», viva V.E.R.D.I. e viva l’Italia. Niente di troppo originale, con qualche incongruenza (nel 1848 il Kaiser era un diciottenne belloccio e glabro), ma per gli usi e consumi areniani tutto quasi eversivo.

QUEI COCCODRILLI DEL 2013  

Ma del resto quest’anno a Verona si respira un’aria diversa. L’ultimo nuovo allestimento risaliva addirittura al ’13, l’Aida hi-tech e goliardica della Fura dels Baus, con i coccodrilli del Nilo che inseguivano Ambrogione Maestri-Amonasro per addentargli l’ampio lato B. Da allora la Fondazione Arena ha rischiato di chiudere. Come l’unico teatro d’opera da 13 mila posti del mondo abbia potuto accumulare quasi 30 milioni di debito resta un mistero.

È ARRIVATO IL COMMISSARIO  

Sta di fatto che nella primavera del ’16 è arrivato il commissario, Carlo Fuortes, ed è iniziato un periodo di lacrime e sangue: due mesi di chiusura, roba mai vista in Italia, licenziamento collettivo del Corpo di ballo, scioperi, proteste, e su tutto l’incubo della liquidazione definitiva e l’inquietudine della città. A Verona l’Arena non è solo un’icona cittadina. È anche un affare: si calcola che l’indotto dell’estate di opera sotto le stelle valga 500 milioni.

Intanto Fuortes è andato avanti nel risanamento e ha nominato un sovrintendente, Giuliano Polo. «Oggi la situazione – racconta Polo – è notevolmente migliorata. L’indebitamento è sceso a 26 milioni e 600 mila euro. Dopo un lunghissimo iter burocratico, stanno per arrivare i 10 milioni della legge Bray (la salvateatri, ndr). La stagione invernale al Filarmonico è andata bene. I dipendenti sono stati ridotti a 270, che durante il Festival diventano più di mille. Per costruire questo Nabucco hanno ricominciato a lavorare i laboratori, che sono il nostro orgoglio ed erano inattivi da tre anni. Le relazioni sindacali sono più distese. Non si parla più di privatizzare l’Arena, che del resto è una Fondazione sana: il 65% del bilancio è autofinanziato, 30 milioni su 45, di cui 21 dal botteghino e 9 dagli sponsor».

48 SERATE E CINQUE TITOLI  

Il Festival di quest’anno allinea 48 serate e cinque titoli: oltre a Nabucco, due Aide (quella furante e quella “storica” del 1913), Madama Butterfly e Tosca. Più le serate di gala per i soliti noti, Placido Domingo e Roberto Bolle. C’è un clima nuovo, insomma. Ma non sono tutte rose e fiori. L’estate scorsa il tasso di riempimento è stato del 59%, in crescita ma ancora insufficiente. Il marketing va rafforzato e forse anche ripensato. E poi nell’anfiteatro fra concerti pop, serate tivù, pattinaggi più o meno artistici, Al Bani, Romine e simili si continua a fare di tutto e di più, anzi di troppo, togliendo spazio e attenzione al core business, che resta pur sempre l’opera. Se non altro, è finito il surreale dibattito sulla copertura dell’anfiteatro, ormai si spera archiviato alla voce «Utopie».

Ci sono poi le incertezze politiche. Per nominare un nuovo Consiglio d’indirizzo e uscire dal commissariamento bisogna aspettare il nuovo sindaco. A Verona si vota domani. In lizza Federico Sboarina, centrodestra, e Patrizia Bisinella, compagna dell’ex sindaco Tosi, leghista eretica. Se vince lei, si rischia di tornare alla vecchia idea dell’Arena come un contenitore multiuso da privatizzare al più presto. In lista con Sboarina, capolista di Fratelli d’Italia, c’è l’ex soprano Cecilia Gasdia, che nega di ambire alla direzione artistica, ma chissà. Polo la sua disponibilità a restare l’ha già data.

Resta per l’Arena un problema di fondo, anzi il problema dei problemi. Fu inventata come contenitore lirico nel 1913, quando l’opera in Italia era ancora uno spettacolo nazionalpopolare e un fenomeno sociale. Gli anni gloriosi delle comitive in torpedone e in bicicletta, del pubblico ruspante con l’anguria e la mortazza, insomma del melodramma aulico e popolare insieme, sono finiti.

Oggi quel pubblico o non esiste più o è in via di estinzione. L’opera, è dimostrato, può essere ancora pop, anzi forse è il più pop degli spettacoli dal vivo. Ma deve inventare un’altra forma di spettacolarità e reinventarsi come genere, sfruttare le nuove tecnologie, rapportarsi con una contemporaneità non vissuta più come una minaccia ma come un’opportunità. Non solo all’Arena, certo. Ma qui di più.

 

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Decalogo Montanari, gli esempi di Arena e Basilica Palladiana

18.6.17                                                     logo_vvox_small

EMERGENZA CULTURA

Articolo di Giuliano Menato

Le dieci proposte dello storico dell’arte possono sembrare ovvie solo perchè se ne parla sempre. Ma non vengono realizzate (quasi) mai

 

Tomaso Montanari è uno dei pochi storici dell’arte italiana della sua generazione che, in possesso di una straordinaria preparazione scientifica, riesca a trasmettere la sua materia con ineguagliabile chiarezza e appassionante coinvolgimento. Inquadra in una prospettiva storica i fenomeni della creatività artistica collegandola alle vicende esistenziali degli autori. La lucidità intellettuale del suo pensiero è avvalorata dalla dirittura morale della sua azione, cosa che lo rende credibile anche quando si lascia prendere dalla foga del dire o trascinare dall’émpito della discussione. Peculiarità, queste, che gli consentono di scuotere le coscienze ponendole di fronte alle loro responsabilità.

Ed è a proposito della politica culturale ch’egli interviene nei pubblici dibattiti, accalorandosi quando, smessi i panni del cattedratico, sente il dovere come cittadino di denunciare gli scempi perpetrati a danno dei beni comuni, non tutelati e difesi dalle istituzioni, che devono anche valorizzarli. E’ la sua non offuscata coscienza civile a spingerlo a prendere posizione contro chi ritiene che la cultura sia una faccenda privata, che si soddisfa lasciando campo libero ad arbitrarie operazioni, non, invece, un valore collettivo, perseguito da amministratori dotati di particolari competenze.

Se ci si guarda intorno, si scopre che c’è poco da sperare da amministratori che gestiscono i beni culturali senza capire nulla di arte, di musica, di teatro. Si pensi alla crisi che ha colpito l’Arena di Verona e i suoi dipendenti per l’inettitudine di sovrintendenti cortigiani. E quale crescita culturale c’è da aspettarsi da chi continua ad ospitare in Basilica Palladiana mostre di sicuro successo, ma estranee al nostro territorio, confezionate a scatola chiusa da scaltri imprenditori che fanno lauti guadagni per sé e creano una reputazione di facciata ad ambiziosi committenti?

In tempi in cui le imprese culturali sono per lo più frutto di improvvisazione, Montanari nel suodecalogo delle ovvietà dice cose che appaiono ovvie solo perché vengono continuamente messe all’ordine del giorno, inserite in programmi elettorali mai realizzati. La cultura non è un fatto esclusivamente privato, patrimonio dell’individuo che la coltiva nel suo aureo isolamento, ma un impegno comune per migliorare la qualità della vita del cittadino. Giusto mettere le strutture pubbliche a disposizione di un mercato che sappia costruire una più ampia cultura, sbagliato consentire al libero mercato di praticare a suo capriccio operazioni di ogni genere.

Ora che gli assessorati alla cultura sono diventati assessorati alla crescita – non si capisce quale –, è utile richiamarli a comportamenti che vengono sempre meno praticati. Con l’aria che tira oggi, è difficile dire che cosa sia cultura, capire come e dove venga praticata. Un decalogo di presunte ovvietà serve, eccome, ad orientare chi non riesce più a riconoscere i soggetti stessi della cultura, gli artisti che si proclamano tali.

Tra tante peregrine proposte, ininfluenti sul nostro tessuto culturale, esiste a Vicenza una realtà concreta e incontestabile, in linea con il decalogo Montanari, criticato da chi è al corto di argomentazioni: l’Orchestra giovanile di musica classica dell’Olimpico finanziata dal pubblico e dal privato. É un esempio di come le istituzioni pubbliche, lasciando fare agli esperti, abbiano ottenuto in poco tempo risultati di eccellenza e aperto una strada a giovani seriamente impegnati. La professionalità di molti ha prevalso sulle ambizioni di pochi.

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Cultura, tutele, copertura dell’Arena Sgarbi accende lo scontro elettorale

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COPPOLA

RASSEGNE STAMPA,DOCUMENTI E MATERIALI INERENTI L’ARENA

 

4.6.16                                                      Logo-Corriere-del-Veneto-

La Lega ingaggia il critico per una futura amministrazione Sboarina: «A lui la cura di un ciclo di mostre»La lista Verona Civica: «Nome altisonante, nessun contenuto». E Tosi: «Sull’anfiteatro non cambio idea»
VERONA Quando manca una settimana al voto dell’11 giugno, ci pensa Vittorio Sgarbi a dare una nuova scossa alla campagna elettorale. La sua posizione contro la copertura dell’Arena è nota e risaputa, come noto è che il progetto sia auspicato dal solo Flavio Tosi e, tra i candidati in corsa, dalla sola Patrizia Bisinella. Ma ieri, accettando l’invito dell’europarlamentare leghista Lorenzo Fontana a tenere una sorta di lezione sulle strategie per rilanciare la cultura a Verona – lezione che si è trasformata inevitabilmente in uno show – il noto critico d’arte ha ulteriormente alzato il tiro. «I miei rapporti con Tosi erano buoni, almeno fino a oggi che sono qua ad appoggiare questa squadra di reazionari che fino all’altro ieri stavano con lui – ha scherzato Sgarbi in cortile Mercato Vecchio, a fianco a Fontana e al candidato sindaco del centrodestra Federico Sboarina – Tosi voleva mandarmi un esperto per convincermi della bontà della copertura. Ma coprire l’Arena è esattamente la prima cosa da non fare in questa città, una cosa elementare. Si va contro la storia e il buon senso».
Al di là dei numerosi termini coloriti tipici del personaggio, il ragionamento di Sgarbi poggia su un assunto di fondo: «Verona è una città turistica perché è molto simile a come è stata e la gente, venendo qui, ha l’impressione di vedere la storia che si è fermata». Per questo mettere mano all’Arena è sbagliato, lo stesso errore che fece l’odiato (per Sgarbi) sindaco di Venezia Massimo Cacciari affidando la costruzione di un nuovo ponte all’architetto Santiago Calatrava: «La forza dell’Arena è che usata tutt’oggi per quello che era». Insomma, un buon sindaco di Verona non deve fare altro che conservare e preservare la città com’è. Sgarbi, che si è detto sicuro della vittoria di Sboarina, incassa la promessa da Fontana (che corre come capolista della Lega) che verrà chiamato a Verona «a organizzare una serie di mostre» e magari anche un grande evento nazionale sulla cultura e la bellezza. Ribadisce Sboarina: «Il mio obiettivo è di innalzare l’asticella della qualità delle proposte culturali veronesi e di porre un immediato rimedio al grave danno dell’assenza di un assessore alla Cultura – afferma il candidato – Il rapporto di collaborazione con personalità di alto profilo come quella di Vittorio Sgarbi ci consente di fare grandi progetti e di allargare il ventaglio delle nostre relazioni con figure competenti in ambito culturale».
«Nomi altisonanti per nascondere l’assenza di contenuti», interviene con un comunicato la lista Verona Civica (a sostegno della candidata del Pd, Orietta Salemi) a proposito della presenza ieri di Sgarbi. «Si parla genericamente di assessore alla cultura senza indicarne gli obiettivi, si lanciano proposte-spot figlie di una conoscenza approssimativa del patrimonio artistico cittadino, si ignora la necessità di valorizzare le risorse e le competenze in ambito culturale. Riteniamo che la cultura sia una cosa seria, nell’ambito della quale competenza e conoscenza devono tornare a giocare un ruolo strategico» spiega Pietro Giovanni Trincanato, candidato per il consiglio comunale e coordinatore Gruppo Giovani Amici dei Civici Musei d’Arte
Il sindaco Tosi, dalla sua, smentisce un suo tentativo di convincere Sgarbi. «Come sanno tutti, è uscito subito con commenti fortemente negativi sulla copertura dell’Arena, ovviamente alla sua maniera. Sarebbe surreale che io abbia anche solo pensato di mandargli qualcuno per fargli cambiare idea. Poi, con tutta la simpatia che posso avere per Sgarbi, va detto che la sua opinione non mi sposta di un millimetro la posizione sul progetto, a differenza della commissione giudicatrice, dell’altissima qualità dello studio presentatoci o di personalità come il sovrintendente Magani o del ministero, con i loro fior fiore di ingegneri, studiosi, paesaggisti ed esperti, figure di alto profilo con cui ci confrontiamo».
D’Accordo con Sgarbi è invece Alessandro Gennari, del Movimento Cinque Stelle: «Il nostro patrimonio va preservato com’è e deve restare pubblico. Altro tema è la valorizzazione, ad esempio attraverso percorsi dedicati che seguano il filo conduttore della nostra storia, anche il fascismo».  – Alessio Corazza

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