COIN Lavoro «obbligatorio» a Santo Stefano, dipendenti in sciopero

Martedì 24 dicembre 2019     Logo-Corriere-del-Veneto-

 

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VERONA (m.s.) «È il quinto sciopero a partire dal 2015 e il terzo presidio (2015, 2017, oggi, ndr) in cinque anni». Via Cappello. Il negozio è Coin. Lì di fronte, giovedì, giorno di Santo Stefano, alle 11, si ritroveranno «le dipendenti del negozio, costrette a rinnovare la proclamazione di sciopero, il 26 dicembre, per attirare l’interesse dei cittadini sul problema delle aperture commerciali anche durante le festività religiose». L’annuncio arriva dal sindacato e da Barbara Marchini, segretario di UilTuCs: «Circa 18 lavoratrici di Coin su una quarantina totale — dice Marchini — hanno per contratto l’obbligo del lavoro festivo. Le colleghe con più anzianità invece hanno contratti che seguono quello collettivo nazionale, dove il lavoro festivo è volontario: anche queste, per solidarietà, giovedì non lavoreranno. C’è già una causa di fronte al giudice del lavoro: si chiede che nel contratto di quelle 18 lavoratrici rientri, appunto, la volontarietà di lavorare nelle festività». Per Lucia Perina, segretario locale di Uil, «il punto è collegare le proprie attività commerciali anche con le esigenze sociali di famiglie di lavoratrici e lavoratori». Oltre al sindaco, Federico Sboarina, parteciperà al presidio anche don Renzo Beghini, delegato diocesano per la pastorale del lavoro di Verona: «Probabilmente va fatta anche una battaglia culturale circa i consumatori e i giorni di festività, e lì entrano in ballo scelte politiche. Ma il primo punto per me è rispettare l’esigenza di passare le feste con le famiglie nell’ambito di un più ampio pensiero di welfare aziendale: una relazione non conflittuale con i dipendenti, in generale, è sempre un atto intelligente che porta anche a risultati migliori ed è importante che nelle aziende ci sia condivisione delle proprie scelte con collaboratrici e collaboratori».

da “Il Corriere del Veneto”

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Auchan- Conad, in 700 rischiano ancora il posto

Martedì 24 dicembre 2019
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Due marchi da boicottare!

Articolo di Andrea Rossi Tonon

VENEZIA Numeri precisi, tempi certi e condizioni contrattuali chiare. È ciò che chiedono a Conad i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil della rete ex Auchan del Veneto, dopo lo sciopero di ieri. Uno stop di 8 ore che in regione si è tradotto nella chiusura dei negozi Simply Sma di Rovigo, Ormelle e di via Carducci a Mestre mentre davanti alle porte dell’Auchan del centro commerciale di via Tosatto si sono radunati 300 dipendenti da tutto il Veneto. Qui le casse del punto vendita, il più grande del Veneto per numero di dipendenti, hanno continuato a funzionare così come quelle degli altri iper di Padova, Vicenza e Bussolengo, anche se i dati forniti dai sindacati parlano di un’adesione allo sciopero tra il 60 e il 70%.

«Se Conad ha deciso di acquisire Auchan vi vedeva un vantaggio, quindi non dicano di essere i salvatori, perché la loro è solo un’operazione immobiliare», attacca Cecilia De Pantz, segretaria regionale Filcams Cgil. A farle eco è Maurizia Rizzo, segretaria regionale Fisascat Cisl, che sottolinea: «Dei 27 punti vendita della rete in Veneto solo 12 passeranno a Conad; ciò significa che i circa 700 lavoratori dei restanti negozi rischiano di perdere il posto». Tuttavia i timori dei sindacati riguardano anche i destini di chi entro marzo cambierà divisa: «In molte situazioni in cui è avvenuto il cambio d’insegna abbiamo registrato problemi, come lavoratori chiamati a lavorare il 26 dicembre per l’inventario», commenta il segretario Uiltucs Luigino Boscaro. E nemmeno le voci sull’interesse di altri operatori come Esselunga, Alì, Aspiag e Unicomm per alcuni negozi tranquillizzano i sindacati.

Fonte: Corriere del Veneto

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Fattorini in sciopero bloccati migliaia di regali di Natale Nei centri FedEx:«Troppi pacchi, siamo sfiniti»

Sabato 14 Dicembre

 

Articolo di Giulia Busetto

Incrociano le braccia i fattorini di FedEx-Tnt e va in tilt la consegna dei regali in Vene- to. «In questo periodo abbiamo ritmi insostenibili, fino a 150 pacchi al giorno. Vogliamo nuove assunzioni» dicono i driver in presidio. Intanto le famiglie sono costrette ad andare di persona ai depositi, in un clima non esattamente «natalizio».
La slitta è in sovraccarico. Le renne hanno perso quota. Babbo Natale ha smesso di volare. Pur di rispettare le consegne del 25 dicembre, da quando corre su strada non si ferma neanche più ai semafori, non pranza, alterna lo sguardo tra la carreggiata e una sfilza di indirizzi appuntati sul taccuino. Le sue sono 12 ore ininterrotte a bussare di casa in casa. Si concede un solo caffè e una sosta al bagno per evitare colpi di sonno. E quando la slitta si rompe il danno lo paga di tasca sua. Ma l’altro ieri ha detto basta. Ha tirato le redini, ha parcheggiato la slitta, ha liberato le renne e ha scaricato migliaia di regali in mezzo al buio dei magazzini Fedex. Sotto l’albero, da oggi, niente. E ha ordinato ai suoi 175 aiutanti veneti di fare altrettanto. Oggi è il terzo giorno di sciopero.
Loro sono i driver, i fattorini dell’ultimo miglio. Quelli che suonano al citofono e «Signore, c’è un pacco da firmare». Lavorano per conto di Fedex, il più grande operatore di trasporto espresso al mondo. Sveglia alle 5, carico merce alle 6, partenza alle 7. Nessun cartellino da timbrare. Finché i 150 regali natalizi del giorno non sono stati consegnati, a casa non si torna. C’è chi prima delle sette di sera non è ancora sceso dal furgoncino bianco con il marchio rossoblu reso celebre dal film «Cast away». Il tutto per sette euro netti l’ora. È la paga del facchino figlio dell’e-commerce. Sono circa un migliaio in tutto il veneto, «fratelli maggiori» dei rider, quelli che in sella alla bici, ancor più malpagati, consegnano il cibo ordinato dall’app a domicilio. «Si parla di crisi ma io al volante dei miei pacchi non l’ho mai vista, anzi» dice Chiara, che sfacchina da 7 anni. È in presidio assieme a 80 colleghi davanti alla sede del corriere espresso di Padova: «L’aumento di consegne e di ore di lavoro è aumentato mostruosamente. Noi così non ce la facciamo più». Chiara è così ossessionata dalle consegne che a passare sopra rosso, stop e precedenze pur di non perdere il lavoro ci ha quasi lasciato la pelle: «Quello stop non l’avevo proprio calcolato. Non potevo fermarmi. È una corsa contro il tempo. Mi sono venuti addosso. Furgone distrutto. E ho dovuto anche pagare 500 euro di franchigia: quasi mezzo stipendio. Lavoro fino a 15 ore al giorno e non pranzo mai. Mi fermo per un caffè al bar. E solo se in quel bar devo farci una consegna. I furgoni spesso sono caricati oltre il peso che possono sopportare, viaggiamo con le ruote schiacciate».
Sotto le feste, ruote e driver rischiano di scoppiare. Dalle 20 mila consegne giornaliere in tutto il Veneto, a dicembre i pacchi s’infiocchettano e raddoppiano. Tanto che lo sportello del retro furgone si chiude a malapena. Ma adesso è tutto ammassato sopra gli scaffali dei magazzini. «Sì, stiamo registrando dei ritardi in Veneto a causa dello sciopero. Abbiamo messo in piedi un piano di contingenza per tentare di arginare il disservizio» conferma Fedex. «L’azienda dice che non è problema suo, perché ha appaltato l’ultimo miglio a una decina di ditte minori – dice Romeo Barutta della Filt Cgil del Veneto -. Ma sta proprio qui lo sfruttamento di questi lavoratori», giovani, curriculum infinito, tutti d’istruzione medio alta. Uno su dieci è laureato. Tre su cinque sono italiani. «Il Natale (e il maltempo) per loro è sinonimo di sfruttamento, soprattutto in termini di orari. Gli straordinari che fanno ogni giorno non vengono pagati» concorda Emiliano Galati, segretario Felsa Cisl Veneto.
Ormai il business dei regali è un grandissimo pacco «che se scoppia rischia di rovinare il Natale a molti», solidarizza con i driver veneti anche Confesercenti. Un suo studio ha calcolato che la nostra regione conta già 284 mila metri quadri di suolo occupati dalla nuova logistica, siamo secondi solo alla macro area milanese. «L’e-commerce sta silenziosamente ipotecando il Veneto – è l’allarme del direttore Maurizio Franceschi -. La gente ha l’idea che un pacco si materializzi a casa dopo un click. Senza contare il consumo di suolo, l’aumento di mezzi traffico e smog perché i regali ci vengano consegnati a casa, i driver che vengono sfruttati perché tutto avvenga nei tempi e a basso costo. Quello che ci resta sono centinaia di migliaia di scatoloni vuoti. Uno spreco».
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Morto per amianto alle Officine Le Ferrovie non sono colpevoli

Venerdì 15 Novembre 2019
RASSEGNA STAMPA
 

arena

 

IL CASO. L’ipotesi era omicidio colposo: Giordano Adami fu stroncato dal mesotelioma pleurico
 
Niente condanna per dirigenti, capi ufficio e medico

L.M.

«Il fatto non sussiste». Si chiude così la vicenda a carico delle cinque persone a processo per omicidio colposo, rinviate a giudizio per la morte di Giordano Adami, operaio lamierista delle Ferrovie dello Stato, che aveva lavorato all’Officina Grandi Riparazioni (Ogr) di Porta Vescovo ed era rimasto esposto all’amianto per almeno otto anni. Adami era morto nel 2010 per un mesotelioma pleurico, un tumore ai polmoni generalmente causato proprio dall’amianto. Sotto inchiesta erano finite nove persone: Gaetano Arconti, Gerardo D’Aiuto, Giancarlo Aiazzi, Giovan Battista Di Miceli, Giovanni Coletti, componenti del consiglio di amministrazione dell’Azienda autonoma Ferrovie dello Stato tra il 1976 e il 1984. E poi ancora Edoardo Stracuzzi, capo officina dell’Ogr, Francesco Calabrò e Renato Paolino, capi ufficio compartimento, e Renzo Scamperle, medico di impianto delle Ogr.Secondo la Procura, i nove imputati non avrebbero «adottato tutte le misure che si rendevano necessarie per tutelare l’integrità fisica dei prestatori, secondo la particolarità del lavoro svolto», senza «separare le lavorazioni nocive al fine di evitare anche l’esposizione all’amianto di lavoratori addetti ad altre lavorazioni». Ieri il giudice Carola Musio ha assolto i cinque imputati Stracuzzi (difesa Fiorini), Paolino (difesa Gelmi), Scamperle (difesa Malavolta, Pasquato, Fornaciari), Calabrò (difesa Alamia) e Arconti (difesa Sona e Fiorini), mentre le parti civili con Cgil e Filt erano tutelate dagli avvocati Francesco e Chiara Palumbo. Il gip all’epoca aveva disposto il non doversi procedere per Aiazzi, che nel frattempo è morto, e per Coletti, mentre avevano chiesto invece il rito abbreviato D’Aiuto e Di Miceli.

 

I lavoratori comunali si ribellano all’atteggiamento di chiusura dell’amministrazione Sboarina.

Giovedì 7 Novembre

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In attesa dello sciopero che domani interesserà la polizia municipale, proprio in occasione dell’apertura di Fiera Cavalli, questa mattina i lavoratori comunali si sono riuniti in assemblea pubblica sulle scalinate di Palazzo Barbieri “per manifestare contro l’atteggiamento di chiusura da parte dell’amministrazione comunale di fronte alle richieste dei lavoratori e alla generale inerzia che sta lenta mente portando allo spegnimento molti settori della macchina comunale”.

Di seguito il resto della nota redatta dalle Rsu appartenenti alle organizzazioni sindacali di CGIL FP, UIL FPL, CSA RAL e CUB.

La RSU e i lavoratori del Comune di Verona denunciano la sostanziale indisponibilità dell’amministrazione di destinare a favore della valorizzazione di tutti i dipendenti, attraverso il finanziamento delle progressioni economiche orizzontali, i risparmi del Fondo delle Posizioni Organizzative e del Fondo del lavoro straordinario.
Inoltre viene denunciata una mancata reale riorganizzazione della macchina comunale, che ormai viene rimandata da anni e quando viene fatta si limita a qualche cambio di nome di qualche settore, ma senza andare a modificare una struttura che ormai esiste solo sulla carta, viste anche le uscite per pensionamento di centinaia dipendenti, con un’accelerazione negli ultimi mesi a seguito dell’introduzione di “quota 100”.
Alcuni anni addietro i dipendenti comunali erano ben oltre 2.000, ora ci avviamo a scendere sotto i 1.800, con carenze a tutti i livelli e in tutti i settori.
Nel corso di questi anni le lavoratrici ed i lavoratori hanno permesso, tra mille difficoltà dovute ad investimenti sempre più esigui e personale sempre più in calo, il funzionamento della macchina comunale e il mantenimento dei servizi ai cittadini.
Alla luce degli sforzi e dei sacrifici fatti in questi anni, riteniamo inaccettabile l’atteggiamento di totale chiusura dell’Ente a qualsiasi proposta di parte sindacale, sia nella parte economica che in quella organizzativa e gestionale.
È inaccettabile che la situazione di crisi finanziaria dell’Ente si risolva tagliando i servizi e i posti di lavoro. A questo si aggiunge che negli ultimi dieci anni, nel settore tecnico, non è stato immesso nuovo personale.
La RSU ha chiesto un incontro col Sindaco per cercare una interlocuzione diretta e costruttiva, considerato che la dirigenza di parte pubblica agisce in trattativa dietro un preciso mandato di indirizzo da parte dell’organo politico, ma ad oggi ogni richiesta è rimasta inascoltata, come non vi è stata nemmeno la con vocazione da parte della Prefettura per il tentativo di conciliazione, che dovrebbe normalmente seguire l’indizione dello stato di agitazione.
Di fronte a questo atteggiamento di chiusura che da mesi di fatto paralizza le relazioni sindacali all’interno del Comune di Verona, i lavoratori si riuniranno in piazza Brà fino alle 13.30.
Nella sostanza si contesta all’amministrazione comunale: la mancata riorganizzazione dell’ente, l’emergenza e la deroga come oridinario strumento di programmazione, centinaia di pensionamenti a tutti i livelli senza alcun piano di assunzioni credibile, aumento dei carichi di lavoro per tutti, concorsi bloccati o al rallentatore, continue mobilità interne per tamponare le emergenze e nascondere i problemi, nessuna progressione economica per mancanza di risorse aggiuntive, nessun investimento sul personale e sulla formazione continua, un sindaco assente che non riceve la RSU aziendale.

Areoporto Valerio Catullo, lo sciopero è riuscito!

Martedì 24 Settembre           Risultati immagini per comunicato sindacale
ADESIONI ALTE ALLO SCIOPERO ORGANIZZATO DA CUB TRASPORTI. ECCO I DATI
Un successoo sciopero dei lavoratori AGS HANDLING srl dello scalo Veronese aeroporto Valerio Catullo.
La lotta per bloccare l’abbassamento di stipendi ha prodotto i suoi frutti:
Di seguito i disservizi creati:
volo per Chisinau, 7 ore di ritardo 5F234,
volo per Monastir, 1.15 ore di ritardo TU 2009,
volo per Birmingham, 3 ore di ritardo FR 1563,
volo per Amsterdam, 4.23 ore di ritardo HV5466,
volo ler Bodrum, 3.13 ore di ritardo FH708,
Volo ler Charleroi cancellato FR 9102,
Volo per Malpensa , 1.25 ore di ritardo. NO849.
I volo neos 1853/1270/1350 non hanno proprio ricevuto assistenza.
Tutti i voli sono stati assistiti all’arrivo per lo sbarco e la messa in sicurezza dell’aeromobile.
NO, NON SIAMO PAZZI ci vediamo costretti ad essere felici per il disagio creato.
Ci hanno rubato diritti e soldi e noi li vogliamo di ritorno.
Un grazie di cuore a tutte le colleghe e i colleghi che si sono messi in gioco e hanno lottato per i propri diritti.
Un grazie di cuore agli equipaggi che ci hanno sostenuto e incitato ad andare avanti nel lottare per i nostri diritti.
Ve lo avevamo detto e ve lo ripetiamo:
SENZA DI NOI I VOLI NON PARTONO O PARTONO IN RITARDO.
IL NOSTRO LAVORO È IMPORTANTE, CI RIPRENDEREMO LA NOSTRA DIGNITÀ.
A tra qualche settimana.
CUB TRASPORTI VERONA

La coop dei rider sfida i «big»

Giovedì 30 maggio          Logo-Corriere-del-Veneto-

 

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Costituita in ambito Cisl, vuole far concorrenza sulla consegna dei pasti a domicilio

Già 40 i ristoranti veronesi coinvolti. «Paga oraria, ferie e contributi per i fattorini»

Davide Orsato

 

VERONA La «pazza idea»: lottare per i diritti dei precari per definizione, i rider, quelli delle consegne a domicilio, facendo concorrenza ai giganti del settore, con una cooperativa che metta assieme fattorini con esperienza. Questo significa che, sul cellulare, accanto ai loghi familiari come Just Eat o Deliveroo, sarà possibile scaricare quello di una piccola realtà locale. Il nome c’è già, «Easy Riders», con un riferimento che qualche cinefilo potrà apprezzare. Ma davvero ci sono possibilità che da una città che non è certo una capitale, come Verona, possa nascere qualcosa in grado di sfidare le multinazionali?

Fabrizio Creston, responsabile del servizio Progetto Industria della Cisl, una delle menti, assieme ad Emiliano Galati, dello stesso sindacato, e a due «ragazzi delle consegne» che da anni girano Verona per consegnare pizza, sushi e piatti pronti hanno un piano ben preciso. Che parte da quaranta ristoranti e fast food cittadini che hanno già detto di sì alla proposta. Si punta sulla qualità: «Abbiamo fatto un’indagine di mercato – spiega Creston – molti ristoratori hanno bisogno di un servizio consegna, ma non posso permettersi di assumere direttamente fattorini. Quindi vanno tra le grandi realtà, scegliendo in base al prezzo. Poi iniziano i problemi: i rider hanno una rotazione molto alta, i gestori non riescono a fidarsi completamente e molto spesso ricevono lamentele sullo stato di consegna del cibo». Ecco, dunque la «via di mezzo», un servizio che promette di essere più affidabile… ma quanto costerà? «In realtà – proseguono gli ideatori – il margine di guadagno è molto ampio. I ristoratori danno alle aziende il 30% del valore della consegna. Nelle grandi città come Roma e Milano la percentuale aumenta: si tratta di un mercato in espansione e di grande valore».

Resta solo da capire come cambierà la vita dei rider. Il nuovo progetto non promette miracoli, ma un rigoroso rispetto della legge e delle norme sindacali: in questo settore è già qualcosa in grado di fare notizia. «Applicheremo il contratto nazionale dei trasporti e della logistica» afferma Creston. Il che significa: circa 8 euro all’ora, ma con tutti i contributi, le ferie e la tutela pensionistica. Non solo: ci sarà anche la condivisione del materiale necessario per il lavoro. Il che significa bici e smartphone. Non è una spesa da poco: «Per chi usa la bici come noi – rivela un rider che ha aderito al progetto (ma che preferisce non essere citato, in quanto impiegato al momento presso un’altra realtà) – la manutenzione è continua: cambiamo freni e pneumatici una volta ogni quattro mesi».

La «radiografia» del fenomeno a Verona, fa emergere 220 rider, impegnati su tre diverse realtà sul territorio, oltre alle già citate Just Eat e Deliveroo, Glovo, il marchio che ha comprato Foodora e che in territorio scaligero opera quasi esclusivamente con McDonald’s. Unica altra città interessata in provincia, Legnago, dove è attivo solo Just Eat. I compensi vanno da 1,70 (con aggiunta per chilometraggio) a 4,30 euro a consegna. Poco, e talvolta ci scappano gli incidenti: nel marzo del 2018 morì un giovane di 24 anni. Secondo la Cisl, in casi del genere, la famiglia non riesce a ottenere più di 30mila euro di risarcimento danni.Riuscirà la coop veronese a ribaltare la situazione? Al momento è un tentativo, dopo i tavoli – ora fermi – convocati dal ministro Luigi Di Maio. «La tariffa fissa proposta dal governo – dicono gli ideatori di «Easy Riders» – rischia di mettere fuori mercato i fattorini in molte città. La nostra proposta è più flessibile».

«Schiavi nei campi a 5 euro l’ora»Caporale in cella per sfruttamento

9 maggio 2019

 

 

Dall’Africa senza documenti per raccogliere frutta e tabacco: né paga né contratto

Laura Tedesco

 

Risultati immagini per caporalatoVEROna «Sfruttati nei campi di tabacco a 5-6 euro l’ora». Costretti a lavorare «senza neppure una pausa per nove, dieci, anche undici ore» filate al giorno. Braccianti «importati» dal Marocco e costretti a «fare gli schiavi» nelle campagne di Cologna Veneta, Cerea, San Pietro di Morubio e in altre località del Veronese.L’ultima – e, purtroppo, sempre più ordinaria – vicenda di caporalato ha portato in carcere colui che la procura ritiene il «capo» di una vera e propria «macchina dello sfruttamento della manodopera irregolare». In cella, su ordine del giudice per le indagini preliminari Marzio Bruno Guidorizzi, è finito qualche giorno fa Said Benhjila, marocchino, 47 anni: a scovarlo e stringergli le manette ai polsi sono stati i militari della Guardia di Finanza di Legnago, che hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip secondo cui, a carico del «caporale» magrebino, «emerge dalle indagini una continuità di comportamenti delittuosi nell’impiego e nello sfruttamento dei lavoratori a partire dall’anno 2010 con successiva costituzione di tre cooperative,le quali risultano avere vita breve omettendo sistematicamente di presentare le dichiarazioni ai fini reddituali e Iva, i versamenti di imposta e contributivi, accumulando debiti con l’erario».A far scattare l’inchiesta e i controlli, era stata l’individuazione da parte dei finanzieri di una «serie di veicoli intenti a trasportare numeri soggetti di origine extracomunitaria, mezzi che risultavano essere intestati alla “Emma group società cooperativa” di cui Benhjila risultava rappresentante di fatto». Da lì avevano preso il via i pedinamenti e si era così scoperto che i veicoli «prelevavano un considerevole numero di soggetti, tutti di origini marocchine o comunque nordafricane, trasportandoli in diverse aziende agricole locali, fornendo loro lavoro in condizioni di sfruttamento e approfittando delle condizioni di irregolarità degli stessi». Quando sono stati sentiti gli autisti alla guida dei veicoli carichi di magrebini senza documenti e i proprietari delle aziende (per lo più di tabacco e frutta) che si avvalevano di tale manodopera a bassissimo costo, la vicenda è stata ricostruita in tutta la sua gravità ed estensione. Almeno una decina i braccianti «usati come schiavi» che sono stati ascoltati nel corso delle indagini: tra loro, c’è chi ha raccontato di «aver lavorato nei campi di tabacco senza aver mai ricevuto da Said alcuna paga né contratto di lavoro». Altri sette marocchini, invece, hanno spiegato di essere abituati a «prestare attività lavorativa per dieci ore, con una pausa di un’ora». Uno degli autisti, poi, ha riferito agli inquirenti di aver «guidato l’auto che Said gli aveva fornito con il compito di prelevare otto lavoratori a Noventa Vicentina e di portarli in un terreno a San Pietro di Morubio. Lo stesso – si legge nell’ordinanza – aggiungeva di eseguire anche lui materialmente lavori nei campi e di aver lavorato per nove ore con una paga di 5,5 euro l’ora, senza alcun contratto». Assisito dal legale Massimo Dal Ben, il «caporale» davanti al gip ha scelto il silenzio. Almeno in attesa del Riesame.

Fonte: Corriere del Veneto

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