Quantità enormi di Pfas nel Po La Regione avvisa la Procura

27 Aprile 2019        

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Il povero Po inquinato – Foto inserita dalla redazione del blog

DISASTRO PFAS – Il Po, il fiume che dà vita alla Pianura Padana, rischia di essere compromesso in modo irreversibilie. Le discariche, come quelle di Cà Bianca a Zevio, rilasciano Pfas nella falda. La Miteni di Trissino è ormai tristemente nota per il suo impatto ambientale e per la quantità di Pfas dispersi nelle acque con cui irrighiamo i campi, sui quali, peraltro, è addirittura possibile, per legge, riversare anche scarti derivati da carburanti con limiti recentemente aumentati di venti volte! Ma dove ci sta portando questo modello di sviluppo? Com’è possibile che la politica non accetti di modificare i limiti degli agenti altamenti inquinanti portandolo a zero? Il problema è che oggi, purtroppo, la politica è succube di un economia che si è trasformata in ideologia, e che non permette interferenze nel suo accumulo, mortifero, di profitti. Le belle parole del “governo del cambiamento” si misurano qui, nel Veneto, dove la Lega governa da decenni ed è quindi corresponsabile di un disastro ambientale che pare non finire mai….Alla faccia dell'”operoso” nord-est, che rischia di suicidarsi per la sua stessa avidità che non si ferma nemmeno davanti alla salute dei suoi stessi abitanti!  – Movimentandoci a Verona

 

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arenaINQUINAMENTO. L’ultima scoperta fa capire che ci sono altre fonti di versamenti e non soltanto l’industria di Trissino

Le percentuali di sostanze sono centinaia di volte più alte di quelle trovate alla Miteni I risultati delle analisi dei laboratori dell’Arpav portati all’attenzione della magistratura

Luca Fiorin

Le acque del Po contengono concentrazioni di Pfas centinaia di volte più elevate di quelle presenti nel sito di Miteni, la fabbrica chimica vicentina che è considerata la fonte principale dell’inquinamento in atto nelle province di Verona, Vicenza e Padova. La Regione ora porterà l’esito delle analisi che attestano questa situazione in Procura. Compie un nuovo saldo di qualità il caso legato alla contaminazione dovuta all’immissione nell’ambiente delle sostanze perfluoro-alchiliche. Così, diventa ancora più grave una vicenda che già da tempo costituisce un’emergenza. La presenza dei Pfas nelle acque, nell’ambiente e nel sangue di decine di migliaia di persone ha infatti causato l’avvio di uno screening sanitario di proporzioni enormi, alla fine riguarderà centomila veneti, e di piani finalizzati a portare acqua pulita nell’area contaminata la cui realizzazione costerà, solo per iniziare, 58 milioni di euro. Ora, l’esito dei controlli fatti nelle acque del Po dall’Arpav sembra dimostrare che ci sono, probabilmente non in Veneto, ulteriori fonti di inquinamento.Già qualche giorno fa la Regione aveva reso noto che la sua agenzia per la protezione dell’ambiente aveva scoperto la presenza di un inquinante emergente facente parte della famiglia dei Pfas nel Po. In prelievi fatti nel comune rodigino di Castelmassa, vicino al confine con Lombardia ed Emilia, era stato trovato del C6O4. Una delle sostanze perfluoro-alchiliche di ultima generazione. Ora Venezia fa sapere che nel fiume più lungo d’Italia si trovano anche altri Pfas. «Nel Po ci sono, in generale, sostanze perfluoro-alchiliche in quantità 100 volte superiori a quelle di Miteni, mentre il C6O4 lo si trova in misure quasi 2.000 volte più elevate», afferma Nicola Dell’Acqua, dirigente del settore Tutela del territorio della Regione, nonché colui che, in veste di Commissario governativo all’emergenza Pfas, ha il compito di cambiare le fonti di approvvigionamento degli acquedotti della zona contaminata. «Il Veneto sta cercando di spiegare a tutta Italia che se non saranno definiti dei limiti nazionali non si potrà limitare l’uso di queste sostanze e agire con le necessarie bonifiche dei siti già inquinati», continua Dell’Acqua. «È nostro dovere far rilevare questa situazione e lo faremo la settimana prossima andando in Procura, così come l’Arpav aveva fatto nel 2013 per il Pfoa ed il Pfos». Queste due sono le sostanze perfluoro-alchiliche di più datata produzione e maggiormente presenti nelle acque della cosiddetta zona rossa, quella maggiormente esposta alla contaminazione che secondo Arpav è dovuta a Miteni, così come nel sangue di coloro che vi vivono.«Come Veneto, partendo dall’Autorizzazione integrata ambientale concessa a Miteni, siamo intervenuti bloccando l’attività riguardante il C6O4 e quella relativa ad un altro inquinante emergente, il GenX», aggiunge il dirigente. «Non possiamo, però, fermare tutti gli sversamenti che raggiungono il Po, perché solo ogni singola regione può intervenire sulle aziende che si trovano nel suo territorio; il fatto che continuino ad esserci Pfas nel Po in quantità eccezionalmente superiori a quelle del sito Miteni conferma, quindi, che non è vero che sarebbero bastati limiti posti dalla nostra Regione per contenere l’inquinamento da queste sostanze».Per quanto riguarda il territorio Veneto è stato imposto l’uso di filtri a tutte le centrali di potabilizzazione che pescano dal Po. «Da esso, però, prendono acqua anche città non venete e, per questo, abbiamo segnalato anche alle altre Regioni quello che abbiamo trovato e quello che stiamo facendo», sottolinea Dell’Acqua. «È nostro preciso dovere, a questo punto, anche rivolgerci alla Procura della Repubblica, perché nessuno minimizza quanto è accaduto sotto Miteni, ma non ci si può bendare gli occhi davanti a ulteriori tipi di inquinamento».

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